Un recente, documentato saggio («Bombardate l'Italia») riapre ancora una volta il dibattito sull'utilizzo massiccio dei bombardamenti aerei sulle nostre città durante la seconda guerra mondiale.
Casale, città del cemento, dei krumiri, di tante bellezze d'arte, fu ripetutamente oggetto di pesanti incursioni aeree, specie nella seconda parte del conflitto, presa tra due fuochi: truppe di liberazione in salita dal centro-sud Italia, truppe alleate impegnate nel sud della Francia anche per costringere i tedeschi ad alleggerire il fronte italiano. Per fortuna la sua limitata dimensione demografica le fece grazia dei primi bombardamenti (1940-43) tesi a creare nelle popolazioni civili un sentimento di odio e ripulsa per il regime fascista, ma non la salvò nella seconda fase (per intenderci dopo l'8 settembre '43, dismesso lo status di nemico per gli angloamericani) allorchè obiettivo furono anzitutto le vie di comunicazione.
Oggi il ricordo è parziale, si parla dei ponti sul Po, talvolta si rammenta il bimotore B-26 caduto alla Martinetta di Balzola, quasi dimenticato il caccia monoposto P-47D Thunderbolt precipitato a Villanova.
In realtà gli episodi furono molti di più, nel quadro di una vicenda che vide in mezza Europa coinvolte le inermi popolazioni civili. All'epoca anche i vescovi cattolici condannarono con forza i bombardamenti sui civili e lo stesso Pontefice nei suoi radiomessaggi in diverse occasioni si espresse contro la guerra aerea, in particolare quando colpiva civili: da Pio XI essa era considerata la più devastante e la più barbara arma di offesa, e la richiesta di sospensione si fece più insistente dopo che, nel novembre 1942, gli snelli ma possenti Lancaster (60 quintali di bombe ogni velivolo!) della RAF inglese avevano effettuato bombardamenti su Genova, Milano, Torino.
Il capoluogo piemontese era stata la prima città ad essere colpita nel giugno del '40, seguita a ruota (agosto) da molti centri dell'Alessandrino. Incursioni relativamente 'leggere', se pensiamo alle distruzione di interi quartieri in Germania (Dresda, Amburgo,Berlino, Colonia, per citarne alcuni), in una escalation inserita nel processo di incrudelimento tecnologico della guerra consistente, specie per le bombe dal cielo, nella concentrazione delle coordinate spazio/tempo/potenza esplosiva in una dimensione quanto più puntuale.
Era la guerra, certo, ma in Italia apparve ancora più ingiusto, almeno più incomprensibile l'accanirsi dal cielo contro i civili, a maggior ragione considerando che la nostra legge sulla guerra (approvata nel '38 e, tra l'altro, ad oggi non abrogata!) escludeva dai bombardamenti le zone residenziali (oltre ad ospedali, musei, ecc.) comprendendo invece le vie di comunicazione utilizzabili dal nemico.
In realtà specie dal secondo semestre del '44 spesso le nostre terre furono trasformate in zone passive di operazioni e segnate negli obiettivi aerei degli Alleati, alla ricerca di ponti, strade e ferrovie da distruggere per interrompere nella valle del Po le vie di comunicazione usate dal nemico tedesco in ritirata.
Testimonianze importanti e di prima mano di quelle vicende si trovano anche in molti siti internet che documentano la storia dell'aviazione americana e di quella inglese ed il loro contributo alla liberazione dell'Europa della dittatura.
Da noi furono quasi di casa gli squadroni 441, 442 e 444 del 320th Bombardment Group USAAF di base ad Alto in Corsica; il primo recante insegna con il rarissimo motto «Finis origine pendet» (la fine è nel principio), il secondo con uno scudetto nel quale campeggiava un bilioso Paperino abbracciato ad una bomba! Folte squadriglie di velivoli che, se per un verso intimorivano, d'altro canto dovevano anche infondere nella gente un sentimento di rispetto e di riconoscimento della potenza in primis degli USA.
Roma era stata liberata il 5 giugno '44, il giorno dopo si era verificato l'epico sbarco in Normandia, ed ecco i primi allarmi per il Casalese con notizie di voli ricognitivi per individuare e fotografare i possibili obiettivi e veri e propri raid distruttivi a Novi Ligure, Alessandria, Valenza. Toccò anche ad Asti, con le missioni 280 e 281, rispettivamente il 16 luglio mattina e il 17 a metà pomeriggio per colpire il ponte stradale sul Tanaro; negli stessi giorni divenne pure bersaglio il ponte stradale di Casale.
Il 22 luglio fu la volta del ponte ferroviario sul Po di Casale; il traffico su rotaia rimase interrotto per alcuni giorni. Ancora Casale con la missione 285, il 25 luglio mattina con 23 velivoli B-26 Marauder (ciascuno in grado di portare oltre 20 quintali di bombe) che compiono una lunga panoramica dalla Liguria fino ad Alessandria, Vercelli e ritorno a sud-est passando per Ozzano, Asti, Tortona, verificando la consistenza degli obiettivi ferroviari (linee, treni, carri).
Due giorni dopo (missione 287), alle 9,20 del mattino partirono dalla Corsica 20 bombardieri. Due tornarono indietro per problemi al motore, altri 15 sganciarono sul ponte ferroviario di Casale il loro carico di circa 60 bombe demolitrici a tempo da 1.000 libbre (quelle, per intenderci, usate per colpire le corazzate!), tre velivoli fecero cadere il loro carico qualche chilometro più ad est per problemi di avaria meccanica. Venne controllato dall'alto l'aeroporto, senza osservare alcun movimento: «air port nothing on the round» sta scritto nel rapporto dei piloti che alle 14,08 atterrarono indenni alla loro base.
Il 9 agosto, incidente a Villanova. Cadde un caccia P 47D Thunderbolt del 27° Gruppo Cacciabombardieri 523 Squadrone con base a Serragia, nel nord-ovest della Corsica. Morì il pilota, al quale - scrive un cronista locale - fu portato via il paracadute di seta, materiale prezioso in quei momenti di crisi!
Ancora incursione tattica iniziata nella notte tra il 20 ed il 21 agosto, stavolta condotta proprio dal 523°. Obiettivo, gli scali merci e le ferrovie di Alessandria e Casale.
Il 2 settembre, mentre una squadriglia di 19 aerei volteggiava sul ponte ferroviario di Ronco Scrivia, una seconda si diresse su Casale e sganciò il suo carico sul ponte stradale, centrando in pieno l'obiettivo e demolendo metà delle campate.
Missione 401 di ricognizione il giorno 8 novembre, con tre bombardieri che sorvolarono verso l'una dopo pranzo le zone a nord-ovest di Casale. Obiettivo, la zona dell'attuale secondo rondò, dove gli Alleati immaginarono probabilmente fosse installata una postazione contraerea. Caddero decine di 'piccole' bombe da 20 libbre a frammentazione, ma nel report finale della missione si diede atto che gli equipaggi non avevano ben individuato il dove ed il cosa: «crews believed bombs landed in the general area, though the target wes not identified»!
Contemporaneamente era partita una seconda ricognizione di soli tre B-26 (missione 402), sempre per individuare postazioni contraeree. Arrivò su di noi dalla direttrice Garlasco-Mortara, ma finì male perchè due B26 furono danneggiati leggermente ed il terzo seriamente.
Manovra forse diversiva, perchè (missione 403) uno stormo di 17 bombardieri, partito alle 11,46 dello stesso giorno, fece rotta su Sestri Levante-Voghera-Vercelli e poco dopo l'una era su Casale. Caddero una trentina di bombe da 1.000 libbre ancora sul ponte ferroviario e il rapporto finale 'immaginò' che la linea fosse stata interrotta per qualche tempo!
Alle 14,26, 16 aerei atterrarono alla base; ben 10 danneggiati in modo lieve ed uno più seriamente dal fuoco della contraerea tedesca, la 'Flak' acronimo per Flieg Abwehr Kanone - Cannone Anti Aerei, che verosimilmente usava anche cannoncini da 88 mm. in grado di sparare proiettili fino a 8000 metri d'altezza, una vera potenza in confronto delle nostre piccole mitragliere carrellate Isotta-Fraschini da 20 mm. Il diciassettesimo venne dato per scomparso: 'Cindy II', gravemente colpito dalla contraerea si era schiantato tra le stoppie di una risaia ed era esploso. Morti i cinque componenti l'equipaggio: il capitano David Hammond junior, il copilota Richard Fowler, il bombardiere Samuel Belker, gli addetti alle armi Kenneth Bauer e Homer Buchanan.
Il luogo del disastro fu meta di decine di balzolesi e villanovesi. Tra questi, tempestivo Idro Grignolino che realizzò un reportage fotografico, immortalando tra l'altro persone che si portavano via pezzi-ricordo dell'areo, compresi addirittura - dice la didascalia di un sito commemorativo americano - gli scarponcini del povero bombardiere! I resti dei poveri militari furono sepolti nel cimitero di Balzola, poi trasferiti nel sacrario alleato di Mirandola (Modena). Solo dopo la guerra vennero trasferiti in patria ed il sacrificio del capitano Hammond ricordato con una croce di pietra bianca nel grande cimitero militare americano di Firenze.
Il 1944 stava volgendo al termine. Fece registrare le ultime due incursioni tattiche, il 18 e il 28 novembre, con bombardieri B-25 (più leggeri del B-26) che avevano come obiettivo ancora i ponti stradali e ferroviari lungo l'asta del Po, compresi quelli di Casale. La contraerea fece il suo dovere, e nella prima incursione un B-25 venne colpito ad uno dei motori, riuscendo però a raggiungere la base di Alesani in Corsica. Da quel momento, per l'Italia del nord la situazione si fece più tranquilla, le incursioni alleate si focalizzarono soprattutto in Germania per fiaccare il morale delle popolazioni. Anche nel Casalese si tirò un grande sospiro di sollievo a non sentire più il lugubre, ripetuto suono delle sirene di allarme aereo. I bombardamenti tattici avevano collaborato alla sconfitta, pur se al pesante prezzo di 70mila o forse più innocenti vittime civili.
aldo timossi
FOTO: «scarpe rubate», da un sito americano la foto (di Grignolio) del disastro aereo di Balzola, con la didascalia che recita «Fascist policeman is taking the shoes from the body of Lt. Belker. Belker's chute can be seen on the plane wreckage»
bombardamento ponte ferroviario 8 novembre 44, da notare il ponte stradale distrutto due mesi prima