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  • 09 gennaio 2012
  • Montebello

A Montebello per Morelli di Popolo

Con poca solerzia, purtroppo, sto scrivendo una storia di centocinquant’anni fa: comincia con le Cinque Giornate, nel marzo 1848, e finisce con la battaglia di Montebello, nel maggio 1859. A Milano, tra Carlo Cattaneo e Cesare Correnti, il personaggio principale è un prete, che costruì la barricata più bella delle Cinque Giornate; si chiamava Antonio Stoppani, e divenne poi famoso per un libro che è servito a fare la pubblicità a una marca di formaggio. Il protagonista è però un giovane ufficiale del Monferrato; gli ho dato una moglie francese, conosciuta a Magenta, che si chiama Catherine. Come si chiama lui non si dice, perché la narrazione è in prima persona, quasi che fossi io, insomma, a indossare l’uniforme. I fatti saranno veri, le persone anche: Carlo Alberto e Vittorio Emanuele, Garibaldi e Lamarmora, Radetzky e Francesco Giuseppe, Napoleone III e MacMahon. Persino il mio superiore diretto, il casalasco tenente colonnello conte Morelli di Popolo, comandante dei cavalleggeri di Monferrato. Per questo motivo oggi faccio un sopralluogo sul campo di battaglia di un lontano 20 maggio 1859, quando il mio capitano morì da eroe. Ecco tutto ben chiaro, come sulla carta topografica (di allora). Oggi è il primo gennaio del 2012. Mi sono svegliato presto, questa volta con intraprendenza. Dopo una notte di festa, ospite di generosi amici in un castello dell’Oltrepò pavese, ho fatto una frugale colazione, accuratamente mi sono vestito e con energia mi son recato sul luogo della battaglia. Gli amici sono stati così bravi e gentili che ho deciso di metterli nel libro, come volontari del paese alla difesa contro gli austriaci (finiranno male, però: un drappello di austriaci, perquisito il castello e trovatavi una taschetta di pelle con un poco di polvere, arrestava e trascinava con sé 8 persone e le fucilava sulla strada Casteggio – Santa Giulietta). Percorro le strade di allora, le stesse a parte l’asfalto; hanno le curve morbide, apparentemente inutili, di quando non era indispensabile sfrecciare sui rettilinei. Eccomi a Montebello, dal 1958 chiamato Montebello della Battaglia. Per arrivarci ho impiegato dal castello un’oretta di “marcia”. Qua e là la campagna è mutata; hanno messo viti e coltivi, ma il panorama è rimasto quello, pascoli e gerbidi, con i colori che svariano dal verde tenero all’oro, alla ruggine. Monti, si legge sulla carta, gole: invece sono colline dolcissime sotto il cielo incredibilmente pulito di questo inverno generoso: da andarci a spasso in lieta compagnia (e così ho effettivamente fatto), perché soltanto la fantasia può risuscitare il rischio che da dietro quella cresta compaiano le giacche bianche degli imperiali, comandati dal generale Franz von Stadion. Eccolo qua, subito all’inizio del paese, l’Ossario. La prima cosa e andare a trovare quelli che caddero: il generale Georges Beuret, comandante della I brigata francese, e i tanti fantaccini, piemontesi e francesi. Le perdite complessive furono di 92 morti, 529 feriti e 69 prigionieri da parte francese; 17 morti, 31 feriti e 3 dispersi da parte piemontese; 331 morti, 785 feriti, 307 dispersi o prigionieri da parte austriaca. Gli alleati franco-piemontesi avevano impegnato 6800 fanti, 800 cavalieri e 12 cannoni: circa un terzo delle forze avversarie. Il 20 maggio 1859, a Montebello, i generali Ettore Gerbaix de Sonnaz e Forey che comandavano contingenti di cavalleria piemontese e di fanteria francese, affrontarono le forze austriache del generale e conte Stadion (5° corpo), inviate in ricognizione oltre il Po per verificare gli intendimenti dell’avversario. Gli austriaci, occupata Montebello e spintisi sino a pochi chilometri da Voghera, si disposero lungo una vasta zona di pianura e collina. Attaccati dalla divisione di Forey alla quale erano uniti gli squadroni piemontesi guidati da Morelli, le truppe male orientate di Stadion furono respinte e costrette a ripassare il fiume, malgrado fossero nettamente superiori a quelle degli alleati. Nella battaglia del 20 maggio, Morelli, alla testa dei suoi due squadroni di cavalleria del «Reggimento Cavalleggeri di Monferrato» fu ferito mortalmente dopo ripetute cariche di cavalleria che spezzarono le fila della fanteria austriaca. Morì il giorno dopo a Voghera, dove era stato inutilmente ricoverato, insieme a un soldato volontario, lombardo, il marchese Fadini, che fece scudo con il suo corpo per salvare la vita del suo capo, il generale de Sonnaz. Mentre salgo la strada che porta alla chiesa, «via Morelli di Popolo», attraverso un piccolo giardino, più in là un vetusto castello. Eccolo qua, il castello: proprio a me ordinarono di farlo saltare, ed io disobbedii; anzi rischiai la vita in un’altra azione memorabile, e la battaglia del 20 maggio per me ricominciava, se a un certo punto il mio comandante Morelli di Popolo non mi avesse mandato a prendere per le falde della giubba da un suo colonnello. «Pazzo», mi disse poi il conte, «smetti la sciabola e riprendi la penna, che è quello il mestier tuo.» Nel giardino guardo il bel monumento al soldato di Montebello. Leggo l’iscrizione ben conservata: ONORE A VOI / CAVALLEGGERI DI NOVARA, DI AOSTA, DI MONFERRATO / CHE IL DI’ 20 MAGGIO DELL’ANNO 1859 / NEI CAMPI DI MONTEBELLO / COI RIPETUTI ASSALTI SGOMINASTE / L’INVASORE AUSTRIACO /POCHI DI NUMERO, EPPURE GRANDE AJUTO / ALLA VITTORIA / DELLE FEDERATE ARMI DI FRANCIA / ONORE A VOI / CHE AVETE MOSTRATO AL MONDO / COME IL SOLDATO ITALIANO / A PIEDI, A CAVALLO / NON E’ SECONDO A NESSUNO DE’ PIU’ LODATI. Salgo la via dedicata a Morelli, ammiro la torre medievale dei Beccaria, e guardo l’ampia facciata della chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, il cui campanile – l’ho visto mezzora prima dal campo in cui si combatté la parte più aspra della battaglia – è lo stesso di centocinquant’anni fa, così come lo rivedo ora in una riproduzione di un celebre quadro di Giovanni Fattori, «Carica di cavalleria a Montebello», del 1862. Due parole sul quadro di un’artista che amo in modo particolare. La tela della battaglia è memorabile per diversi motivi. Un giorno, il pittore romano Nino Costa consigliò al suo amico Fattori di lasciar la pittura di storia (s’intende quella antica) per esercitare la sua formidabile capacità di costruire «sul motivo». Racconta lo stesso Fattori che ciò avvenne nel suo studio, mentre dipingeva un soggetto storico, appunto, e che dietro le convincenti parole dell’amico decise di lasciare il quadro (una scena medicea, non meglio ricordata) chiudendo così con il genere che sino allora lo aveva maggiormente impegnato. In effetti, Fattori voltò la grande tela (un terzo del vero, com’era in uso) e vi dipinse la «Carica di cavalleria a Montebello» (oggi al museo Fattori di Livorno), ricoprendo il precedente dipinto con uno strato di vernice bianca. Da allora Fattori si dedicherà ai quadri di storia contemporanea che saranno le sue opere più memorabili. La scena di Montebello, lo diciamo per curiosità, è così simile a quella di un’altra battaglia da indurre all’errore i maggiori studiosi di Fattori. Nel 1982, l’ampia monografia su Giovanni Fattori (Edizioni d’Arte il Fiorino) di Lara-Vinca Masini, assegna al quadro di Montebello il titolo – a pag. 83 – di «Carica alla Madonna della Scoperta». Un grave errore perché, in effetti, esiste un altro quadro di Fattori con il titolo «Assalto a Madonna della Scoperta», che tratta un episodio della battaglia di Solferino e San Martino che il 24 giugno 1859 vide le forze alleate franco-piemontesi vittoriose sugli austriaci. Esso fu lungamente elaborato da Fattori, che partecipò al concorso indetto nel 1866 dal ministro della Pubblica istruzione Berti per opere a soggetto libero di storia contemporanea. Il quadro dedicato a Montebello è invece rilevante per la storia che voglio raccontare sul tenente colonnello Morelli. Probabilmente è lui il cavaliere che cade da cavallo in primo piano nella tela di Fattori, pugnalato dalle baionette austriache. L’eroismo di Morelli diventò celebre all’epoca e ispirò altri artisti. A Casale fu forte l’emozione per la morte di Morelli. In un documento redatto immediatamente dopo la notizia della sua morte, il 24 maggio 1859, si legge: «Nell’intendimento di dare una testimonianza d’ammirazione al compianto e benedetto nostro Concittadino Cavaliere Tommaso Morelli del Popolo Colonnello di Cavalleria il quale eroicamente combattendo contro il Nemico Austriaco pella Santa Causa dell’Italiana Indipendenza cadeva sul campo di Montebello il 20 corrente Maggio, viene aperta la presente sottoscrizione di volontarie oblazioni onde raccogliere l’occorrente fondo con cui erigere un conveniente monumento, che onori e perpetui la di Lui memoria, in questo pubblico Cimitero, ove con generoso proposito il Consiglio Municipale ha disposto perché vi sia trasferita e tumulata la preziosa Salma». Ci furono cittadini come Pietro Zanotti o il notaio Felice Martinotti che offrirono 2 Lire. Altri più facoltosi, come il conte Antonio Malabaila di Casale o il cavaliere Emilio Vitta diedero 250 e 500 Lire. Significativa ci appare comunque la partecipazione di centinaia di cittadini della città, che nonostante avessero già sottoscritto alcune cospicue oblazioni per la guerra, offrirono dalle 2 alle 5 lire. Il municipio di Casale inaugurò il mausoleo di Morelli nel 1860 nel cimitero cittadino. Nell’iscrizione si trova la seguente dedica: IL MUNICIPIO DI CASALE ONORAVA / LA MEMORIA DEL VALOROSO CONCITTADINO / RACCOGLIENDO LA SUA SPOGLIA / ED ASSEGNANDOLE QUESTO AVELLO / CHE RICORDA LA SUA VIRTU’ ED INSEGNA / CHE CHI MUORE PER LA PATRIA / VIVE NELLA POSTERITA’. Nel duomo di Casale fu inaugurato il 20 maggio 1862 il monumento di marmo a Morelli con un busto di bronzo, opera di Marocchetti. Anche quest’opera, già collocata nell’atrio della cattedrale, fu realizzata grazie alla sottoscrizione dei cittadini di Casale. In quell’occasione Annibale Massara di Previde dedicò un carme in onore dell’eroe di Montebello dal titolo «Il 20 di maggio 1859» (Casale, Tipografia di Giuseppe Nani, 1862). Oggi del conte piemontese, tenente colonnello della cavalleria sabauda, protagonista della guerra di Crimea e di due guerre d’indipendenza, insignito della medaglia inglese per la guerra d’Oriente, della Croce dei Santi Maurizio e Lazzaro e della medaglia d’argento al valor militare, rimane il maestoso monumento nel cimitero di Casale. Certo, anche la malinconica via a lui intitolata a Montebello della Battaglia. Il busto di bronzo del celebre Marocchetti, invece, è ora conservato in un deposito del Seminario di Casale Monferrato e non è visibile al pubblico. Il conte è ritratto nella sua maturità, un uomo di quarantaquattro anni, con i lunghi baffi e un imperiale (si chiama così quel pizzo al mento, che usava portare Napoleone III). Propongo: perché non riportare il monumento a Morelli nell’atrio della cattedrale di Sant’Evasio? La figura di Tommaso Morelli di Popolo è ingiustamente poco nota, addirittura il suo busto è finito in un andito buio nei sotterranei di un vecchio seminario. Per questo motivo ho cercato di rendere protagonista la persona dell’eroe di Montebello in un’opera di fiction, in un romanzo storico. Con lui non ricordiamo semplicemente il soldato, ma anche l’uomo e l’artista. Morelli è stato soprattutto un uomo del secolo romantico, esemplare protagonista del Risorgimento italiano, «la più bella impresa dei tempi moderni», come la descriveva Cavour. Morelli morì durante una campagna militare che fu ricordata dai contemporanei come un’avventura coraggiosa e gloriosa. «Nobile eroe è chi lotta per la patria, più nobile chi lotta per il bene del paese, più nobile ancora chi lotta per l’umanità». Così si esprimeva Johann Gottfried Herder nel 1797. Di questo ideale culturale, titanico, impregnato d’eroismo e di romanticismo, fu protagonista il cavaliere Morelli. Tommaso Morelli nacque a Casale il 19 dicembre 1814. Suo padre, Luigi, era marchese di Ticineto e conte di Popolo, la madre era Carlotta Becchio «di antica famiglia Casalese» (Pericle Massara di Previde, «Cenni biografici del Cavaliere Tommaso Morelli di Popolo», Casale, Tipografia Corrado, 1865). Tommaso entrò all’età di otto anni come allievo dell’Accademia Militare di Torino, diretta da Cesare Saluzzo. Si dedicò alla topografia, alla musica e diventò un abile disegnatore. All’età di diciotto anni, il 4 maggio 1833, uscì dall’Accademia come «Sottotenente nel Reggimento Aosta Cavalleria». Per le sue doti intellettuali e artistiche fu noto come «uno de’ più perfetti gentleman del Piemonte». Come Luogotenente del «Genova Cavalleria» partecipò alla Prima guerra d’indipendenza. Nel 1855 e 1856 fu Maggiore del «Reggimento provvisorio di Cavalleggeri» in Crimea. Il 5 marzo 1859, dopo un incarico in Inghilterra, fu promosso «Luogotenente Colonnello comandante il Reggimento Cavalleggeri di Monferrato». Nella Seconda guerra d’indipendenza, Morelli si trovò immediatamente in contatto con il nemico: prima per difendere i territori della Lomellina, quando l’esercitò austriaco varcò il Ticino, poi nelle prime battaglie in provincia di Pavia. Nel 1938, Alfonso Morelli di Popolo dedicava al suo eroico prozio un prezioso volume, stampato in sole 100 copie numerate: «La battaglia di Montebello e il suo eroe» (Torre d’Isola, Pavia, Stamperia universitaria pavese, 1938). Il libro è tanto più prezioso perché contiene una cospicua testimonianza dell’abilità pittorica di Morelli (la pittura era una tradizione della famiglia). Il soldato, infatti, trovava il tempo à la d’Azeglio, di disegnare sui campi di battaglia gli episodi, i fatti più rilevanti dello squadrone o reggimento al quale apparteneva, e inviava ai familiari gli schizzi e i disegni, ripromettendosi di fissare poi, nel suo buen retiro monferrino, le colorazioni, le rifiniture. Le sue opere sono molto belle; più che a un d’Azeglio, Morelli è simile e ricorda un altro celebre pittore-soldato di Casale Monferrato, Eleuterio Pagliano. Di grande interesse ci appaiono i disegni dedicati alla Prima guerra d’indipendenza e alla successiva guerra di Crimea. Durante la campagna d’Oriente, come fu battezzata dai piemontesi la guerra di Crimea del 1855, Morelli disegna un carriaggio russo, i comandanti delle forze alleate, inglesi, francesi e piemontesi, e un disegno molto originale della “capanna” che fu la sua casa di maggiore in Crimea nel periodo invernale: immersa nella neve la piccola costruzione ci appare un’anticipazione della Grande Guerra, caratterizzata dai lunghi sacrifici della trincea. Una vita avventurosa ed eroica quella di Morelli di Popolo, spenta in un anno importante - il 1859 - che divide due epoche della storia del Bel Paese (ecco, ritorna il celebre titolo di Antonio Stoppani). Giornata decisiva quella di Montebello: decisiva anche se infausta. Io, ripeto, quel giorno feci onestamente del mio meglio. Poi ripresi la penna. Me lo aveva consigliato il conte Morelli di Popolo, nientemeno.

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Michele Castagnone

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